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Il Real Albergo dei Poveri (Palazzo Fuga, meglio conosciuto nell'uso comune col nome di Serraglio o Reclusorio) è uno dei più grandi edifici monumentali di Napoli, nonché una delle più imponenti costruzioni settecentesche di tutta Europa.
La struttura, sita in Piazza Carlo III a Napoli, deve la sua nascita alla volontà del re Carlo III di Borbone, che aspirava a rinnovare con una serie di opere il tessuto urbano della città. Nello specifico, questo palazzo era concepito per accogliere le masse di poveri del Regno: la costruzione iniziò nel 1751, su progetto dell'architetto fiorentino Ferdinando Fuga.
L'Albergo dei Poveri si estende su un'area di circa 100.000 metri quadrati di spazi utilizzabili; tuttavia, trattandosi di un’opera incompiuta, ciò che vediamo oggi è solo una piccola parte di quello che all’origine si pensò di realizzare. Negli intenti del sovrano, l'obiettivo era ospitare i poveri, gli orfani, i diseredati e gli immigrati di tutto il Regno, per un totale di almeno 8.000 persone, separate per sesso e per età (uomini, bambini, donne, bambine). Tale divisione forzata avrebbe consentito di controllare la vita quotidiana delle masse di indigenti all’interno dell’Albergo, indirizzando ciascun individuo alle diverse attività formative o lavorative che si tenevano nel “Reclusorio”. In più, gli ospiti avrebbero avuto a disposizione refettori, cortili, portici, officine e abitazioni, oltre a una chiesa: in questo contesto, la comunità avrebbe condotto una vita abbastanza completa.
I lavori di costruzione durarono 70 anni, dal 1751 al 1823. Il progetto, straordinariamente ambizioso, era tuttavia molto oneroso, motivo per cui le operazioni procedevano a singhiozzo e periodi di frenetica attività si alternavano a fasi inerti per mancanza di fondi. Alla morte di Fuga, il progetto fu affidato a Mario Gioffredo e poi a Carlo Vanvitelli, anche se quest’ultimo, impegnato nel cantiere di Palazzo Reale, delegò il compito a Francesco Maresca. Egli ridimensionò il disegno iniziale di Fuga, e al posto di una facciata di 600 metri ne fu realizzata una di 354 (9 km di sviluppo lineare dei corridoi, 430 e più stanze distribuite su 4 livelli, un'altezza di 8 metri nella sala più maestosa, e 100.000 metri quadrati di superficie utile).
Nel 1803 i lavori furono sospesi, ma la struttura ormai era già funzionante e ospitava quattro categorie di persone: donne, uomini, ragazze e ragazzi.
Per Carlo III di Borbone, l’Albergo era non solo un punto di accoglienza delle classi povere, ma anche un luogo dedito alla loro rieducazione morale e civile. Si offrivano vitto, alloggio, un’istruzione e l'opportunità di imparare un mestiere.
Tramite due porte, su cui erano incise rispettivamente le scritte “Pro Feminis et Puellis” e “Pro Viris et Pueris”, donne e uomini accedevano alle sale in cui si svolgevano le attività. I maschi si dedicavano allo studio della grammatica, della matematica, della musica, del disegno oppure all’apprendimento di mansioni manuali come il sarto, lo stampatore, il calzolaio, il tessitore e il meccanico; le donne, oltre che nello studio, venivano formate nel campo della tessitura e della sartoria.
Data la mancanza di fondi, molti ospiti furono assunti come muratori per completare la costruzione, mentre a numerose donne furono regalate le fedi nuziali affinché potessero trovare marito e quindi lasciare il palazzo. Grazie a una donazione di re Ferdinando I i lavori ripresero nel 1819, per poi essere definitivamente interrotti nel 1829.
Nel 1838 fu allestita nell'Albergo una scuola per sordomuti, oltre a un istituto di correzione minorile che valse all'edificio il titolo di Reclusorio. Il progetto diventò il fiore all’occhiello del Regno: un Regno che vantava una serie di grandi primati, contrariamente a quanto è asserito in alcuni libri scolastici.
Col passare degli anni, per assenza di denaro, la situazione peggiorò. Nel 1857 la struttura ospitava più di 5.000 persone, le cui condizioni erano sempre più precarie. Chi vi lavorava non riusciva più ad assicurare il rispetto delle regole; gli ospiti iniziarono ad abbandonarsi all’ozio, ai furti e alla prostituzione, fino a quando il 21 agosto 1866 fu organizzata una rivolta che costrinse le autorità a istituire una commissione d’inchiesta che accertasse le responsabilità dell’accaduto.
Negli anni '60 la struttura andò incontro a una vera e propria decadenza, malgrado il passaggio all’Ente Collegi Riuniti Principe di Napoli. La manutenzione era insufficiente, le presenze si diradarono, i laboratori di artigianato languirono. Subentrarono invece attività pubbliche, il Tribunale dei Minorenni, la Facoltà di Sociologia, degli asili per anziani. Nel 1981 l'Albergo dei Poveri passò sotto la proprietà del Comune di Napoli.
Il terremoto del 1943 e quello del 1980 provocarono gravi danni al palazzo. Una delle ale, all'epoca parzialmente occupata per iniziative pubbliche, crollò e fu dichiarata inagibile. Nel 1995 l'Albergo fu inserito dall’UNESCO tra le opere appartenenti al Patrimonio Mondiale, e nel 1999 partirono i lavori di restauro per decisione del Comune di Napoli. La costruzione, ultimamente, ha ospitato diversi eventi culturali di rilievo, mostre, lezioni e manifestazioni sociali.